Convivenza, una lettura associativa

Convivenza: stato coniugale di fatto non sancito legalmente.

In questo ultimo periodo, la convivenza sembra essere più una scelta obbligata che un una scelta di vita, un po’ costume sociale, un po’ impegno svogliato ad affrontare una vita in comune. In qualche caso, una scelta dettata più dalla congiuntura economica che da una reale convinzione. Un progetto senza impegno, sul quale chi scommette non ci crede più di tanto: “intanto proviamo, se non va possiamo ritentare in un altro modo”. Un impegno formale diversamente mette in gioco ogni possibile risorsa per raggiungere l’obiettivo di una vita insieme.

La parvenza è proprio quella di una “NON SCELTA”, soprattutto se a farla sono persone che hanno una educazione cristiana. La morale sociale è decisamente cambiata nel corso di questi ultimi anni e sempre più verosimilmente stanno cambiando anche le dottrine sociali della chiesa cattolica nei confronti di temi che la società civile continua ad aggiungere al paniere del nostro essere cristiani in questa società sempre più liquida. Il problema dell’identità sessuale non è l’ultimo dei nostri pensieri di educatori, ma la convivenza tocca maggiormente il nostro volto pubblico di testimoni. Potrebbe essere il caso che come associazione cominciamo anche a guardare con sguardi più attenti al ruolo sociale che può avere la nostra testimonianza. Siamo testimoni difronte a Cristo ma ugualmente lo siamo nei confronti del mondo in cui viviamo.

A proposito della testimonianza, B-P. diceva:

Nel vostro passaggio in questo mondo, che ve n’accorgiate o no, chiunque voi siate e dovunque voi andiate, state lasciando dietro di voi una traccia. Altri la noteranno e potranno seguirla. Può essere una traccia che li conduce al bene, ovvero può portarli fuori strada. Ciò dipende da voi. Può darsi che la vostra traccia sia marcata sugli alberi, per renderla visibile a chi vi segue, o invece può darsi che lasciate inavvertitamente delle orme peraltro riconoscibili sulla sabbia. In un caso come nell’altro è bene ricordarsi che si lascia sempre qualche tipo di traccia; e quindi, volgendo i propri passi nella giusta direzione, potete indirizzare bene anche coloro che vi seguono. La vostra traccia è segnata da azioni, dalle frasi che dite e dalle parole che scrivete. Le azioni sono pietre miliari fissate in modo permanente; le frasi sono soltanto orme che il tempo può alterare o cancellare; Le parole scritte sono tacche coscientemente lasciate sugli alberi.

Considerando questo punto di vista, allora siamo comunque e sempre testimoni con tutto ciò che facciamo. Nel momento stesso che abbiamo intrapreso il cammino scout diventiamo coscienti di questo compito, pertanto maggiormente insigniti del ruolo di testimoni credibili anche agli occhi della società, ovvero i genitori che affidano a noi i loro ragazzi.

Per realizzare questo percorso, potremmo pensare ad un codice etico, che in qualche modo ci permetta di rendere evidente quale possa essere una nostra posizione in questo contesto, ma sarebbe comunque una regola che avrebbe sempre bisogno di un’adesione e che andrebbe a sovrapporsi al continuo mutamento al quale siamo immersi come persone umane.

Un codice avrebbe anche bisogno di interpretazioni e quindi di una lettura che ne sapesse sempre cogliere i valori a prescindere dal momento nel quale stiamo vivendo.

Cose non facili perché continuamente mediate dalla nostra umanità.

Ma alcuni passaggi, in questo senso, la nostra associazione li ha fatti, infatti sono reali i momenti di SCELTA e di ADESIONE che viviamo nello scautismo come la “Partenza” e l’aderire al “Patto Associativo”.

La “Partenza” in tutto questo è l’apoteosi della scelta. È un rito di passaggio moderno, dove da individui che fruiscono di scelte fatte da altri diventiamo persone che sanno scegliere. Se ci spingiamo poi a seguire la strada dello scautismo, consapevolmente, facciamo una scelta di adesione ad un modello di vita. Non siamo mai arrivati, saremo sempre in cammino, ma perlomeno abbiamo un percorso segnato da pietre miliari che identificano una via da percorrere ed una meta a cui tendere: una SCELTA cristiana, una SCELTA politica ed una SCELTA scout.

La parola “SCELTA” è evidenziata perché sta qui il reale valore di adesione al “Patto Associativo”.

Prima di essere scout ho sempre pensato di essere cristiano e che lo scautismo potesse essere la traduzione vivente di una scelta di fede.

Anch’io andai a convivere e questo mise in crisi entrambe queste fondamenta della mia personalità. Ogni situazione ha la sua storia, ma alla base di una decisione deve esserci progettualità. Per me fu un passaggio obbligato perché la situazione esistente obbligava una scelta cristiana e civile in questo senso.

Scelsi allora di chiudere la mia esperienza scout. Avrei comunque cercato, con la mia nuova situazione, un percorso che potesse garantire il cammino di fede ai miei figli e che permettesse a noi genitori un percorso che ci rendesse di nuovo parte, anche se non immediatamente piena, della chiesa di Cristo.

Probabilmente il periodo storico era differente ma questo prescindeva dalla situazione contingente. Se ascoltiamo i racconti dei nostri nonni o anche dei nostri genitori, le storie di convivenza sono moltissime, nel contesto del nostro territorio. La connotazione sociale che le convivenze stanno avendo oggi, le rendono una immagine secolarizzata della nostra società a discapito di una tradizione di fede e fedeltà. Tradizione che significa: adesione a valori universali, nei quali la famiglia santificata da Dio ha un ruolo dal quale non può essere spodestata e quella legalizzata dalla società civile, diviene pietra d’angolo per la realizzazione degli individui che la abitano.

Convivere sembra essere uno status precario: è una “non adesione“ al progetto di Dio ed è un “non impegno” alla realizzazione della società.

Pensiamo alla nostra “Promessa”

« Con l’aiuto di Dio prometto sul mio onore di fare del mio meglio:

  • per compiere il mio dovere verso Dio e verso il mio Paese;
  • per aiutare gli altri in ogni circostanza;
  • per osservare la Legge scout. »

Qual è il nostro “dovere” in questa situazione?

È forse non assumersi la responsabilità di prenderci un impegno?

Qual è il mio onore, se non mantenere la parola data.

La scelta matrimoniale è una “promessa” e, anche se le parole differiscono dal testo della “Promessa Scout”, mantengo inalterato l’alone di progettualità che deve essere sempre presente nel nostro modo di fare scautismo, ma soprattutto di essere cittadini di un mondo che vogliamo migliore, nella ricerca del conforto di Dio misericordioso.

Picchio Saggio

 

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